Un recente articolo scientifico a cura del gruppo di ricerca di Capece pubblicato sull’ International Journal of Food Microbiology ha evidenziato la possibilità di impiegare un particolare ceppo di Saccharomyces cerevisiae come probiotico nella birra, con effetti benefici sulla salute del consumatore ed aumentando così il valore nutrizionale e nutraceutico della bevanda.
Ma cosa significa probiotico?
I probiotici sono microrganismi vivi, per lo più batteri e lieviti simili ai microbi “buoni” naturalmente presenti nel nostro tratto gastrointestinale. Il loro nome deriva dalla fusione tra il prefisso latino “pro”, cioè “a favore” con il sostantivo greco “bios”, cioè vita. Probiotico significa quindi “a favore della vita”.
A livello dell’intestino sono presenti miliardi di microrganismi, tra cui batteri, funghi e virus che costituiscono il cosiddetto microbiota intestinale.
I microbi intestinali e l’ospite umano vivono in un rapporto simbiotico, ossia vantaggioso per entrambi: in pratica l’ospite, cioè noi, mette a disposizione un habitat ricco di nutrienti che introduce con la dieta e il microbiota, in cambio, contribuisce al mantenimento della salute e del benessere dell’intestino e dell’intero organismo.
Tra i probiotici non batterici, al primo posto si trova proprio il Saccharomyces cerevisiae var. boulardii:, un lievito particolare non di origine umana e sul quale sono stati condotti numerosi studi scientifici e clinici per identificare e dimostrare gli effetti benefici nella salute dell’uomo.
Il Saccharomyces cerevisiae var. boulardii: (SB; famiglia Saccharomycetaceae, divisione degli ascomiceti del regno dei funghi) è un lievito, che la nomenclatura internazionale standard definisce come subspecie del lievito di birra (Saccharomyces cerevisiae) ma dal quale si differenzia per caratteristiche tassonomiche, metaboliche e genetiche: per certi aspetti le differenze sono tali da permettere oggi di considerare il SB come specie separata all’interno della sua famiglia.
Il SB è stato isolato ed identificato per la prima volta negli anni 20 del secolo scorso, dallo scienziato e microbiologo Henri Boulard, dai frutti di litchi e mangostana. Da allora, numerosi studi scientifici sono stati indirizzati a dimostrare gli effetti antimicrobici ed antiinfiammatori del SB, a livello dell’apparato gastro-intestinale dell’uomo, e in particolare gli effetti benefici nel trattamento dello stato diarroico acuto, subacuto e nelle manifestazioni croniche delle sindromi da malassorbimento intestinale (leaky gut).
Il Saccharomyces cerevisiae var. boulardii: presenta alcune caratteristiche che permettono di considerarlo un probiotico, anche se non fa parte del microbiota umano:
-resiste ai succhi gastrici e biliari umani, transita indenne lo stomaco e arriva nell’intestino dove rimane vitale e raggiunge le concentrazioni stabili di sviluppo dopo 3 giorni
-si sviluppa e cresce a una temperatura insolita per un fungo, ovvero a 37°c,
-non è sistemico e non produce colonie nell’uomo: in seguito all’assunzione del probiotico, ne è stata dimostrata la presenza nel solo lume intestinale, presenza che diminuisce e sparisce del tutto in 5-7 giorni dall’interruzione della somministrazione (McFarland, 2010)
-date le dimensioni celle cellule, di circa 10 volte superiori a quelle delle cellule batteriche, il SB dimostra capacità di competitività per i substrati dell’ospite, con effetto ‘’calamita’’ per i patogeni (ai quali impedisce l’attecchimento e la formazione di colonie) e le loro tossine
Numerosi studi scientifici e clinici hanno messo in luce i meccanismi d’azione con i quali il SB esplica le sue azioni nell’intestino nell’uomo e che gli hanno regalato il nome di ‘’fermento spazzino’’:
-attività antibatterica diretta: per l’effetto calamita (la cellula del lievito adsorbe e fissa sulla sua superficie la cellula batterica inibendone l’adesione sulla mucosa intestinale dell’ospite oppure lo sviluppo dei filamenti batterici) e per il rilascio di sostanze con effetto antibatterico (mannosio, glicoproteine, enzimi come fosfatasi o proteasi)
-attività antiinfiammatoria:
–1) per secrezione e rilascio di sostanze ad azione trofica, come la secrezione di poliammine che inducono l’attivazione della sintesi e rilascio di enzimi e proteine carrier sulla superficie della membrana intestinale (il corredo enzimatico del brush border intestinale);
–2) per regolazione inibitoria della sintesi e rilascio di molecole pro-infiammatorie come interleukine e fattori di crescita tumorale – TNFα, INFα;
–3) per attività diretta di riformare l’integrità della superficie epiteliale, tramite effetto di accelerazione della migrazione in superficie di nuovi enterociti , sotto comando della regolazione dinamica della integrina α2β1 (glicoproteina integrale di membrana, coinvolta nei processi di integrazione della matrice extracellulare)
-attività immunomodulatoria: per inibizione dell’attività delle cellule dendritiche (qui il SB inibisce il rilascio di citochine e l’innesco della sintesi di cellule T) e per aumento di sintesi di immunoglobuline A
Nonostante oggi si sappia molto sui meccanismi d’azione, sul metabolismo e sulla biochimica del Saccharomyces cerevisiae var. boulardii: sono in corso numerosi altri studi scientifici e clinici per scoprire ed approfondire tutti gli aspetti non ancora del tutto chiari o sconosciuti di questo lievito particolare.
Nel contesto della birra, l’impiego proposto dallo studio è quello di essere co-inoculato insieme ai classici ceppi di lievito selezionato, in modo da permettere al particolare microrganismo di crescere esponenzialmente, ma consentendo comunque il normale decorso della fermentazione alcolica. Saccharomyces cerevisiae var. boulardii riesce a svilupparsi, determinando l’azione probiotica sia in forma di microrganismo vivo, sia in seguito alla citolisi che avviene dopo la morte delle cellule. Molto interessante, potenzialmente, in coinoculo in rifermentazione e nelle birre artigianali non sottoposte, quindi, a pastorizzazione in quanto una maggior quota di cellule può giungere viva fino al consumo.