Nel 2023, l’Italia ha registrato un tasso di inflazione del 5,1% su base annua, come indicato dall’ISTAT. Questo fenomeno è principalmente dovuto all’aumento dei prezzi dei generi alimentari e dell’energia. Anche il settore del baby sitting a domicilio non è esente da questo fenomeno generalizzato, come rileva il netto incremento dei prezzi in soli due anni.

Secondo il barometro Yoopies, infatti, il costo medio di una baby sitter ha registrato un aumento del 5,09% del suo costo orario, portandolo a 8,52 € all’ora nel 2023, contro gli 8,05 € dell’anno 2021.

Le famiglie, già strette da rincari in svariati ambiti come benzina, bollette e spesa alimentare, si trovano ora a dover affrontare anche l’aumento dei costi per la custodia dei propri figli (senza contare l’ingente spesa per forniture come pannolini e cibo per bambini e delle attività extracurriculari). Questo implicherà un maggiore sforzo
economico per mantenere un equilibrio tra lavoro e famiglia durante tutto l’anno scolastico 2023/2024.

Inoltre, va considerato che la baby sitter stessa è un consumatore che deve far fronte all’aumento dei prezzi. Questo la porta spesso a dover cambiare più frequentemente famiglia per cui lavora, alla ricerca di condizioni economiche più favorevoli, creando così un ambiente meno stabile e prevedibile per la famiglia e per i bambini. Il fenomeno potrebbe innescare una spirale in cui la domanda di baby sitter aumenta, ma l’offerta diventa più costosa e meno stabile. inoltre, è importante notare che al si deve aggiungere anche il rincaro dei biglietti dei mezzi pubblici, avvenuto nella maggior parte delle città italiane nell’ultimo anno.

L’Italia è spesso citata come un paese affetto da un declino demografico preoccupante, eppure le misure di sostegno per le famiglie con bambini appaiono insufficienti e instabili. I bonus variano frequentemente in risposta ai cambi di governo, rendendo difficile per le famiglie pianificare a lungo termine. Inoltre, i requisiti per accedere a tali
bonus sono spesso limitanti, escludendo così una larga fetta della popolazione che potrebbe beneficiarne. I bonus cambiano non solo in termini di importo, ma anche riguardo ai criteri di eleggibilità, generando confusione e incertezza. Un problema fondamentale è la mancanza di un sistema strutturato e sistematico che tenga conto
delle diverse esigenze delle famiglie italiane. Questo contraddice l’approccio di altri paesi europei, dove i programmi di sostegno per le famiglie sono più stabili e coesi.

La relazione mostra come la Liguria (8,73 €/ora), la Valle d’Aosta (8,65 €/ora), e la Toscana (8,70 €/ora) siano le regioni con le tariffe più costose; Puglia (8,23 €/ora), Molise (8,16 €/ora), 1e Basilicata (7,92 €/ora) quelle meno care. Per quanto riguarda le maggiori città, più modeste sono le tariffe di Catanzaro (7.53 €/ora), Lecce (7.70 €/ora) e Vibo Valentia (7.85 €/ora) mentre in testa alla lista dei capoluoghi di provincia più cari si posizionano Milano (9,05 €/ora), Bologna (9,01 €/ora) e Verona (8,98 €/ora).